martedì 12 gennaio 2010

CRISTIANESIMO E TRADIZIONE CELTICA

Come sempre è successo, i luoghi preposti al culto celtico erano in prevalenza situati nei boschi sacri e nelle loro radure, oltre che su alcune alture e presso le grandi pietre dei monumenti megalitici. Durante l'opera di evangelizzazione fu dapprima consigliato ai fedeli di non proseguire nella loro attività cultuale pagana. Quando poi il cristianesimo ebbe una certa preponderanza sulla tradizione celtica, i consigli divennero divieti e non molto tempo dopo le interdizioni furono estese anche a chi non si era convertito alla nuova religione. Il concilio di Aries dei 452 d.C. emanò un editto che vietava l'adorazione degli alberi, delle fontane e delle pietre e quelli di Tours del 567 d.C. e Nantes del 568 d.C. si scagliarono in modo veemente contro chi praticava il culto sacrilego nei boschi e presso gli alberi "...consacrati ai demoni...". I Capitolari del 789 d.C. denunciano "...gli insensati che accendono candele e praticano ogni sorta di superstizione presso gli alberi, le pietre e le fonti...". Un cronista dell'XI secolo scrive che molte persone malate si recano presso le fonti e gli alberi consacrati per ottenere una guarigione. Per gran parte del Medioevo i curati di campagna devono faticare molto per impedire che le persone si rivolgano agli alberi sacri invocando protezione per i loro bambini, le loro case, le loro famiglie ed i loro beni in generale. Questi esempi riguardano soprattutto la gente del popolo, generalmente delle campagne, non ancora convertita al cristianesimo, o da poco convertitasi, ma vi sono molti esempi di uomini illustri che, pur seguendo la nuova religione, non abbandonano totalmente le pratiche pagane (San Germano, vescovo di Auxerre; San Bricio, successore di San Martino di Tours; l'irlandese San Columba o Columcille (52 1-597) che si rifiuta di abbattere le vecchie querce adorate dai pagani perché è un ex-file, un druido, un bardo). Si hanno testimonianze di sopravvivenze del culto degli alberi fino al XIII-XIV secolo d.C. e molto probabilmente anche oltre. Dove la popolazione non permise la distruzione degli alberi, dei boschi sacri, delle pietre o non abbandonò la consuetudine di recarsi presso le fonti sacre, la Chiesa provvide a trasformare quei luoghi e quei simboli da pagani a cristiani. Pietre megalitiche furono così sormontate da croci o addirittura scolpite, sorgenti d'acqua medicamentosa furono consacrate alla Vergine e boschi sacri ai santi, pur mantenendo tutti le stesse caratteristiche e rendendo gli stessi servigi di prima. Molti luoghi (fonti o alberi) furono semplicemente trasformati nelle figure di santi guaritori e lo stesso avvenne per molte divinità celtiche. I monaci irlandesi e britannici in generale ebbero un'importante funzione per quanto riguarda la trasmissione delle conoscenze celtiche alla posterità. Soprattutto in Irlanda e nel Galles vari monasteri cristiani si fecero carico di trascrivere intorno all'XI secolo i documenti contenenti buona parte della tradizione orale celtica (ma recenti studi sembrano indicare l'esistenza di una tradizione druidica scritta in linguaggio oghamico su corteccia di betulla) che furono redatti a partire dal VI fino all'VIII secolo d.C. Bisogna tuttavia tener conto che molti scritti hanno dovuto subire degli adattamenti alla religione cristiana, in quel momento molto forte, e che quindi non sempre tutto ciò che ci è pervenuto appartiene all'originale tradizione druidica. Risulta importante anche considerare che la religione cristiana trovò il favore di buona parte della popolazione perché non portava concetti totalmente estranei o nuovi alla mentalità celtica. La figura della Vergine rispecchiava quella delle Matrones o della Dea-Madre, genitrice del dio Maponos che possedeva un simbolismo di rinascita solare. Spesso personaggi di questo tipo nascevano durante il solstizio invernale e morivano sacrificandosi spontaneamente per la salvezza del loro popolo; le loro madri erano molte volte delle vergini; durante la vita compivano fatti eccezionali preclusi agli uomini normali. Un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano è san Michele Arcangelo, l'angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di Mont Bélaine, il Monte di Belenus, e quello del Gargano in Italia. Parrebbe infatti che l'angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale. La cultura celtica continuò a sussistere nelle forme dell'espressione artistica che i monaci utilizzarono per miniare i preziosi manoscritti o per ornare i reliquiari, i pastorali, le spille per i mantelli, le croci in pietra che ricalcava-no quasi invariate i tratti che ebbero durante l'Età del Ferro. Il declino di questa sopravvivenza fu dovuto, per le isole britanniche, alle invasioni vichinghe e anglonormanne che spensero definitivamente nel XII secolo d.C. la richiesta di ornamenti di tipo celtico. Per quanto abbiamo descritto fino ad ora possiamo utilizzare, e lo hanno già fatto vari studiosi, il termine di cristianità celtica. Di essa facevano parte quei popoli dell'Europa continentale ed insulare nord-occidentali che mantennero dei caratteri celtici per molti secoli dopo la conquista romana e l'introduzione del cristianesimo. Fra la Chiesa di Roma e la Chiesa irlandese dei primi secoli vi furono contrasti su vari aspetti relativi all'organizzazione ecclesiastica (esclusione delle donne dalla liturgia, consacrazione dei vescovi) e alle regole da seguire (il vescovo irlandese, ad esempio, doveva essere anche abate di un monastero). In particolare, San Colombano arrivò a scrivere una lettera a papa Gregorio I con la quale richiamava la Chiesa di Roma ad un comportamento più consono a quello della Chiesa irlandese. Quest'ultima infatti si faceva portavoce di un cristianesimo più puro ed attinente all'insegnamento dei Cristo. Nello stesso tempo in cui in Italia ed in Gallia il cristianesimo era diffuso soprattutto nelle città, San Patrizio convertì l'intera Irlanda senza un martire e senza persecuzioni inflitte o subite, a partire da re Loegaire, dai suoi figli, guerrieri e Druidi. Patrizio provvide quindi a riorganizzare la legislazione irlandese per renderla conforme al Vangelo e vietò ai filid di recitare gli incantesimi più pericolosi ed ai Druidi di compiere sacrifici. Fece quindi una sintesi dei diritto della natura precristiano (recht aicnid) con il diritto della lettera cristiano (recht litre) ed il risultato ditale lavoro regolò la vita giuridica dell'Irlanda per molto tempo. San Patrizio durante l'evangelizzazione dell'isola utilizzò contro i Druidi le loro stesse armi, tra le quali la magia, arrivando persino a resuscitare l'eroe Cu-Chulainn come testimone a suo favore. In un manoscritto in lingua gaelica conservato nel monastero di San Gallo, Svizzera, vi èchiaramente la testimonianza di un passaggio di consuetudini celtiche nella tradizione cristiana: si legge infatti un lungo incantesimo a scopo di guarigione che menziona per ben tre volte il nome di Goibniu, chiamato anche Diancecht, dio della medicina dei Tuatha Dé Danann. Le varie leggende scritte nel IX secolo d.C. che descrivono i favolosi viaggi per mare dei santi cristiani conclusisi in isole e terre meravigliose e misteriose, rispecchiano le avventure degli eroi celtici che giungono in luoghi dello stesso tipo. I concetti del Sidh celtico e dei Paradiso cristiano coincidono in molti punti e gli esseri dell'Altro Mondo conosciuti dai Celti somigliano molto alle creature celesti e agli angeli della Chiesa cristiana. Il monoteismo celtico è ormai un fatto accertato, testimoniato anche dalle parole di Giovanni Scoto Eurigena del IX secolo. Le molte divinità celtiche non sarebbero state che le temporanee manifestazioni dei Dio unico, cosicché le affermazioni dei primi predicatori cristiani circa l'unicità di Dio (e la sua Trinità già presente nella tradizione celtica con le Triadi) sarebbero state accettate senza difficoltà dai Celti, che però, per il loro bisogno di diversificazione delle funzioni della Divinità, si sarebbero dedicati con particolare venerazione al culto di innumerevoli santi. Dalla vita particolare di questi uomini sacri, così importanti per la cristianità celtica, traspare la nozione di coraggio cara ai Celti. Del resto, anche l'espressione cristiana secondo la quale Dio rifiuterebbe i tiepidi, si adatta perfettamente al pensiero celtico di ricerca della propria strada, della scelta, che sfocerà poi nel ciclo arturiano della Cerca del Graal. La concezione celtica secondo cui la religione è insita nella vita quotidiana e l'uomo appartiene ad un universo di creature e di mondi materiali e spirituali sembra forse differire dalla visione cristiana. In realtà, tra il cristianesimo e le antiche credenze celtiche non ci sono poi divergenze fondamentali, come dimostra la sopravvivenza di queste ultime fra le cerimonie e le regole della nuova religione. Il cristianesimo celtico è stato dunque sempre caratterizzato da questo estenuante sforzo di conciliare la tradizione celtica con quella cristiana e ciò che non poté essere assimilato dalla seconda, tradizione essenzialmente scritta, non ebbe altra scelta che scomparire o rifugiarsi nelle varie espressioni del folklore europeo. Le forme assunte dalla religione celtica, sia nella liturgia cristiana che nelle feste delle tradizioni popolari europee, si trovano spesso talmente modificate che il loro riconos cimento risulta molto difficoltoso. Nondimeno, il tentativo di recuperarle con un certosino lavoro chirurgico operato sulle cerimonie che presentano indizi tipicamente celtici potrebbe restituirci finalmente una parte dell'antica dottrina scomparsa.

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